giovedì 27 dicembre 2012

Un motivo per continuare

Pubblichi per la prima volta un libro con una casa editrice vera e propria e le immediate conseguenze sono varie: vedi il tuo nome e la copertina della tua opera su siti come IBS, LaFeltrinelli, Amazon; vedi aumentare in modo vertiginoso il numero di risultati Google associati al tuo nome e cognome; puoi richiedere a qualunque libreria italiana di vedere se hanno a sistema, ordinabile, il romanzo di un certo Jury Livorati, tuo conoscente; ti senti autorizzato ad autopromuoverti richiedendo recensioni o interviste a siti specializzati e scopri che te le concedono; ultimo, ma non ultimo, arrivano le recensioni spontanee.

Le recensioni sono la mia più grande necessità da scrittore o aspirante tale. Ne chiedo a chiunque abbia letto il libro, a chiunque se ne sia mostrato interessato, a chiunque mi abbia detto di avere un lontano amico di cugini di quarto grado che ne aveva leggiucchiato la trama. Commenti, opinioni, critiche, anche complimenti, tutto mi aiuta a prendere le misure a ciò che scrivo, a capire se e di quanto modificare la rotta.

Ad oggi conto le recensioni ricevute sulle dita di una mano. Potrei contarle sulle dita di una mano anche se fossi un cartone animato, e i cartoni animati hanno notoriamente solo quattro dita. La maggior parte, comprese quelle solo orali, sono medio-buone. Elencano pregi e sottolineano i difetti, che è esattamente quello che mi serve: un piccolo zuccherino per indolcire la pillola amara delle osservazioni, che sono scomode ma servono per il mio bene, proprio come le medicine.

Poi vado un giorno su IBS e trovo la recensione di questa tale Simona:

storia mediocre e noiosa, scritta con uno stile poco più che passabile, molto puerile, tantissimi aggettivi che appesantiscono la lettura. Manca la tensione, fondamentale in un thriller. Continuo a commettere l'errore di andare a cercare sui forum di scrittura consigli su nuove letture, e dimentico che probabilmente spesso sono gli autori stessi che si pubblicizzano da soli.

Voto complessivo 1 su 5, una tragedia. Te lo aspetti, in fondo: quando ti metti in piazza raccogli il bello e il brutto. Anni fa mi divertivo a caricare video su Youtube e per ogni commento divertito ne ricevevo cinque ricchi di insulti. Eppure questa Simona va oltre gli insulti, pur non essendo volgare, perchè dalle sue parole sembra che comunque il libro lo abbia letto davvero. Allora leggo, rileggo ed analizzo la recensione.

Storia mediocre e noiosa: ci può stare, sono il primo ad essere consapevole di non aver inventato un nuovo genere, pur essendomi sforzato di stare alla larga dai clichè dell'horror. Altri hanno sottolineato come la storia li abbia catturati e costretti a leggere tutto d'un fiato, quindi alla fine si raggiunge l'equilibrio.
Stile molto puerile: non so se sia puerile, ma sicuramente ancora non maturo, su questo ho ancora molta strada da fare. Il bello è che sono giovane e ho tempo.
Tantissimi aggettivi: ci sta anche questo, può piacere o meno, altri trovano piacevole il realismo generato dall'abbondanza di particolari, ma anche la mia stessa editor aveva notato la mia cura per i dettagli. Colpa mia: mi piace farlo, me ne prendo le conseguenze.
Manca la tensione: in alcune parti, quelle iniziali, può essere. Non certo nella terza parte e nel finale. Che poi Simona si aspettasse di leggere un thriller, questo è stato un errore di valutazione suo: il mio romanzo è un horror e la casa editrice lo classifica come dark-fantasy.

Clicco poi sul nome di Simona sul sito IBS e trovo altre recensioni praticamente fotocopiate riservate a romanzi di emergenti o comunque esordienti. Dovrei sentirmi un po' meglio? Non so.

Il fatto è che non voglio oppormi ad una recensione negativa. Semplicemente vorrei avere elementi che mi chiarissero le idee, sapere se questa Simona è una che si accanisce a caso contro gli emergenti o se è una a cui dare credito. Perchè, come accade nella vita, cento momenti felici difficilmente vengono ricordati come un singolo momento di tristezza. Allo stesso modo, diversi commenti positivi, alcuni addirittura entusiastici, vengono come annullati da uno solo negativo.

Che cosa fare allora? Perchè la ragione mi spinge a dare più credito a questa Simona che a tutti gli altri che ho sentito, ma ciò significa iniziare a valutare la possibilità di appendere la tastiera al chiodo... Una decisione del genere avrebbe senso? Voi che leggete, magari scrittori a tempo perso come me, che cosa ne dite? Una risposta mia ce l'ho già, ovviamente, la si comprende tra le righe, ma è bello confrontarsi, per crescere.

venerdì 7 dicembre 2012

Il mondo sommerso (1)


Quando ho mosso i primi passi nella ricerca di un editore, mi sono trovato al cospetto di un vero e proprio mondo sommerso. Non nel senso di un ambiente morto, ma di un universo parallelo del quale non immaginavo neanche l’esistenza.

Uno degli aspetti che mi ha colpito di più è la quantità di gente che scrive. La reazione tipica di chi viene a sapere che hai scritto, non pubblicato né venduto, ma solo scritto un libro è stupore, ammirazione, incredulità. Il che ti fa pensare che scrivere sia un’attività a cui si dedicano in pochi.

Poi cerchi di pubblicare il tuo manoscritto ed improvvisamente la situazione si rovescia. Cominci a proporti per qualche premio letterario, anche solo a livello locale, e scopri di essere uno tra centinaia di partecipanti. Curiosi tra i vari siti che offrono servizi di auto pubblicazione e fai fatica a muoverti tra le pagine, costellate delle icone dei romanzi di altra gente. Invii la tua copia cartacea trasudante speranza alle case editrici e ti accorgi che tutte, comprese le più piccole e sconosciute d’Italia, hanno tempi di lettura biblici perché ricevono decine e decine di proposte ogni mese.

Dov’era tutta questa gente che scrive prima? È come quando alle elezioni vince l’uno o l’altro candidato e tutti lo criticano, ma allora chi è che l’ha votato?

Non mi sto certo lamentando, la concorrenza è piacevole ed aiuta a guardare avanti, ad affinare lo stile per emergere dal brulicante tappeto di aspiranti scrittori. Ma la concorrenza rappresenta anche uno degli elementi che non avevo considerato come potenziali ostacoli, quando ancora mi apprestavo a togliere le mie storie dal cassetto per farle leggere a chi ne sa qualcosa.

Morale: se volete scrivere, non pensiate di essere speciali, neanche se altri cercano di farvelo credere, perché in realtà siete circondati da aspiranti romanzieri accaniti pronti a soffiarvi l'occasione della vita…

venerdì 23 novembre 2012

L'Immagine

L'immagine è la base delle mie opere.

Tutto può trasformarsi in un'immagine: una persona, un luogo, una situazione, un pensiero, un profumo, una sensazione. Tutto è potenzialmente un'immagine, ma diventa tale solo in determinate circostanze, in un determinato contesto.

Quale? Non ne ho idea.

Io sono solo una vittima. Vengo colpito quando meno me lo aspetto. Sento qualcosa dentro, scatta un meccanismo, e capisco che sono al cospetto di un'immagine. Non ne ho mai cercata una, sono sempre state loro a trovarmi. Si mostrano ai miei occhi, si insinuano nella mia mente come parassiti - benevoli, ma pur sempre parassiti - e non se ne vanno finché non hanno portato a termine il loro processo di evoluzione. Entrano come pensiero ed escono come parole su carta.

L'immagine mi obbliga a pensare. Vuole che io conosca la sua storia, o meglio che la inventi. Stimola la mia creatività, attizza la mia immaginazione, alimenta l'ispirazione. Il processo è veloce, quasi immediato: vedo, capisco, penso, elaboro, abbozzo.

Più lento è il passaggio dalla bozza alla versione definitiva, la traduzione in parole di quel brevissimo istante, quel fulmine che mi ha colpito all'inizio. In alcuni casi ci vogliono anni, in altri forse non basterà una vita. È doloroso, spossante. Fintanto che il parassita dimora nella mia mente non posso cancellarlo dicendomi semplicemente di non pensarci. E non si accontenta della bozza. Vuole il risultato finale, vuole che la sua storia sia scritta nero su bianco e che sia vera, profonda, sentita.

Ci sono immagini solitarie, che si esauriscono in un racconto breve. "Paura Paranoia Pazzia" è nato grazie a - o per colpa - loro. Il problema era che si erano insediate nel cervello di un ragazzino ancora immaturo e si sono accontentate di storie mediocri. Ora sono più esigenti, soprattutto dopo i due romanzi che ho scritto. E sono anche più frequenti, dev'essersi sparsa la voce che qui c'è uno che scrive. Ho preso una botta in testa quest'estate ed è nato un racconto. Ho visto un vecchio che guardava una ragazza di passaggio e ne è nato un altro. Ho viaggiato in aereo per la prima volta ed ecco altre due immagini. La prossima raccolta di racconti è praticamente completa.

Ci sono poi immagini "sociali", diciamo così. Vogliono compagnia. Esigono che la loro storia sia collegata a quelle di altre loro simili. Ognuna vuole emergere, ma nello stesso tempo diventare parte di un progetto più complesso, corale. Non si accontentano di un racconto, pretendono un romanzo. Il lavoro sporco tocca ancora una volta a me: arriva l'immagine e capisco che vuole entrare in quella storia, ma poi sta a me capire dove, quando e perché. Per fortuna fatico a prendere sonno e vado regolarmente in bagno: più tempo per pensare.

Alcuni esempi di immagini esigenti, per concludere? Il sogno di figure avvolte in una luce verde fosforescente intorno ad un letto. Una collana lasciatami in regalo da mio nonno prima di morire. La disgustosa schiuma che si accumula in riva al Po d'estate. E, dall'altra parte, un ragazzo paffuto e con folti capelli ricci a contornare la testa che entra in un supermercato. Il suono dei tasti del telefono mentre digiti un numero che chiami tutte le sere. Un vecchio gioco di ruolo online a cui mi sono dedicato per un mesetto, quand'ero poco più che maggiorenne.

Loro hanno già trovato soddisfazione.

Ora devo andare ad accontentare le altre.

venerdì 2 novembre 2012

Si inaugura!

Questo è il terzo "primo-post-del-mio-blog" che scrivo. Nelle due occasioni precedenti non sono arrivato al secondo e dopo un po' ho cancellato tutto. Questa volta spero di tirare dritto e, per farlo, parto dal basso, da una cosa semplice. 

Più che un blog, diciamo che considero queste pagine come quelle del mio sito web. Sono un poveraccio e non posso permettermi di comprare un dominio e farlo gestire come si deve, quindi mi adatto. Ma in fondo quel che mi serve c'è: uno spazio dove commentare e confrontarmi con chiunque ne abbia voglia e una sezione per ognuno dei miei lavori, come potete vedere qui sulla sinistra. 

Si parla di libri, dei miei in particolare, ma chissà che, tempo permettendo, non possa parlare anche di quelli di altri. Si parla di libri compiuti, incompiuti, editi, in lavorazione, solo pensati, solo abbozzati. Tutto quello che mi riguarda, compresi i progetti futuri ed i piccoli sogni parziali che compongono l'unico, vero, grande sogno di diventare uno scrittore. 

Uno scrittore, non uno scrittore professionista, nè uno scrittore famoso. Per ora solo uno scrittore.

Ho la presunzione che qualcuno possa essere interessato a quello che scrivo? Sinceramente no, so bene che la maggior parte di voi, capitati qui per caso o in risposta a qualche mio annuncio online, darà una rapida occhiata, quindi tornerà a chattare su Facebook e non si ripresenterà mai più. Ma chissà che qualcun altro decida invece di seguirmi, di sapere come va a finire la storia, di conoscere i risvolti quotidiani nella vita di un ragazzo con una vita normalissima, come qualunque altra, ma che cerca di renderla più interessante.

E poi ci sono io. Sarò il primo visitatore del mio stesso blog, se non altro perché finalmente ci ho raccolto tutto quello che ho prodotto e non sarò più costretto a vagare da un sito all'altro, da una cartella all'altra delle mie chiavette, da una mail all'altra, per recuperare quella o quell'altra informazione. Mica poco...