Una delle esperienze migliori che ho vissuto quest’anno è
stata la mia partecipazione alla “Terza Fiera del Libro del Territorio tra Oglio e
Po”, tenutasi a Sabbioneta il 5 Maggio 2013. Sono stato cortesemente
invitato a quella festa dal responsabile della Società Storica Viadanese Giuseppe Flisi, per
tenere una presentazione de “L’eredità”, che è poi stato messo a bancarella
assieme ad altri libri e saggi di autori della zona. La cosa bella è che a
quella presentazione hanno preso parte qualcosa come dodici persone, di cui
quattro erano miei famigliari e amici.
Come posso giudicare così bene una simile esperienza,
dunque?
La risposta sta nel titolo di questo post. Io amo Viadana.
Che, in senso lato, significa che io amo la mia terra. È difficile, credo,
sentire esternazioni del genere, soprattutto in tempi recenti, dove rimanere
tutta la vita nello stesso luogo (quello di nascita, peraltro) è visto quasi
come un fallimento. L’Europa è ormai dietro l’angolo, l’America o l’estremo
Oriente sono a poche ore di volo; con l’inglese e internet trovare lavoro fuori
dall’Italia è più semplice e l’esperienza si rivela gratificante, remunerativa,
qualificante (senza contare che spesso è l’unica alternativa alla
disoccupazione e alla depressione da “viviamo-in-un-Paese-ridicolo”).
Eppure io, sebbene in più di un’occasione abbia manifestato
un certo disgusto per le dinamiche che sviliscono l’Italia come nazione, non ho
mai perso l’attaccamento alla mia terra natale, intesa proprio come Viadana e
dintorni. La terra dove è nato e cresciuto mio nonno, prima di mio padre, me e
mio figlio: quattro generazioni dislocate in abitazioni raggruppate nel raggio
di 600-800 metri, nella piccola frazione di Cicognara.
Per questo, quando ho cominciato a scrivere, consapevole fin
dal primo momento di quali potevano e dovevano essere le mie reali ambizioni,
mi sono posto come obiettivo quello di donare qualcosa a quella terra a cui
tanto mi sento legato. Sapevo che non sarei mai diventato uno scrittore di fama
nazionale, ma nessuno poteva e potrà impedirmi di lavorare e impegnarmi per
essere riconosciuto come scrittore (o pseudo-scrittore) di fama viadanese. Non
a caso scelgo sempre di tenere la prima presentazione proprio a Viadana,
abitudine che anche l’amico (e vicesindaco) Dario Anzola mi ha invitato a non
perdere.
Non voglio ricevere onori, ma lasciare qualcosa in eredità,
un segno del mio passaggio. Come stanno facendo molte altre persone o organizzazioni
le quali, ognuna nel suo piccolo, rendono migliore Viadana, la fanno crescere. Mi
riferisco, tra gli altri, ad artisti come Franco Mora e Pèdar; colleghi
scrittori come Ivano Porpora, Michael Archetti, Roberta Marzano e, dal punto di
vista storico, Luigi Cavatorta; a gruppi e associazioni culturali; e a decine
di altre persone e istituzioni che potrei citare (e che potete citare voi nei
commenti, se vi va).
Insomma, mi piacerebbe che, tra sessanta-settant’anni,
qualche anziano al bar possa raccontare al nipotino che negli anni duemila a
Viadana c’era un gran fermento culturale: chi cantava, chi dipingeva, chi
scriveva. E tra questi ultimi c’era anche un certo Livorati («Ma Livorati come
quelli che abitano qui a Cicognara?» chiederà il bambino. «Sì, penso fosse loro
parente, anche se aveva un nome strano. Perché i Livorati han sempre vissuto
qui» risponderà il nonno). L’invito alla Fiera del Libro del Territorio, con
cui ho aperto il post, ha rappresentato un primo riconoscimento in questa
direzione e mi ha riempito di orgoglio.
A dimostrazione che i numeri (vendite, guadagni, quantità di
presentazioni e di partecipanti) non contano niente. Impegnarmi per valorizzare
la mia esistenza e per lasciare qualcosa che mi leghi alla storia del mio paese,
quello conta. Non esisterebbe ricompensa migliore al mio lavoro.