venerdì 11 aprile 2014

RECENSIONE: "Angelo del Fango", di Giulia Martani


TITOLO: Angelo del Fango
AUTORE: Giulia Martani
EDITORE: Il Rio
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IL MIO VOTO: 3,5 su 5


LA MIA RECENSIONE:

La prima riflessione che ho fatto dopo qualche decina di pagine del romanzo riguardava i due protagonisti, Angelo ed Eleonora. Le loro vicende occupano capitoli alterni del libro e si collocano in momenti temporali diversi a cavallo tra il 2010 e il 2012. Ciò che mi ha colpito è come nel loro approccio alla vita, nelle loro relazioni famigliari e sociali (amici, scuola, tempo libero, lavoro), ricordino i protagonisti de “La solitudine dei numeri primi”.
Sono ragazzi diversi, riflessivi, staccati dal contesto “marcio”, per così dire, del mondo contemporaneo. Angelo ha una situazione famigliare pessima, il padre è un mezzo sbandato e la madre se la fa con un algerino che la sfrutta. Eleonora è, più o meno direttamente, vittima della pressione dei suoi genitori che la vogliono (e la credono) una studentessa modello dagli ottimi risultati. Angelo è un idealista, mostra di avere dei valori – ad esempio quando rifiuta il privé al night club per il suo compleanno – e l’espressione massima della sua predisposizione verso il prossimo sta nella decisione di entrare nella protezione civile. Eleonora crede nell’amicizia, nelle persone e nell’amore, ma inanella una delusione dietro l’altra e sprofonda in un baratro apparentemente senza fondo.
Insisto molto sui protagonisti perché sono il fulcro del romanzo. Approcciandomi al testo, complice anche qualche presentazione dell’autrice a cui ho partecipato, ero convinto fosse una storia ambientata nei giorni del terremoto modenese. In realtà ho poi scoperto come la tragedia non sia che l’apice negativo della spirale di disavventure e “batoste” psicologiche di cui sono vittima i protagonisti, ed Eleonora in particolare. In tal senso, il dramma si configura come evento purificatore, risolutore, simbolo del crollo di un’esistenza fatta di tristezza e dell’inizio di una nuova vita.
Stilisticamente, il romanzo è ben scritto, con un linguaggio colloquiale sia nella narrazione che nei dialoghi. Questi ultimi, in certi casi, sono poco “giovani”, nel senso che in due o tre occasioni il protagonista di turno parla usando termini e una struttura della frase da libro stampato, più che da conversazione di tutti i giorni. Altra piccola osservazione riguarda alcuni passaggi molto accelerati. Ad esempio, quando Eleonora decide di andare a convivere con un ragazzo conosciuto da poco, la sua decisione di abbandonare l’appartamento delle amiche e trasferirsi da lui è liquidata in un paio di righe, così come brevissimo è il resoconto dei mesi trascorsi con il nuovo compagno. Capisco che una certa sintesi fosse dovuta, considerata la costruzione del romanzo (i salti temporali, come dicevo, sono ampi da un capitolo all’altro), ma una analisi più approfondita di certe dinamiche avrebbe aggiunto materiale interessante.

In conclusione, voglio suggerire a chi leggerà il romanzo di interpretarlo in questo senso: una porta aperta su due storie di giovani, un quadretto che dipinge le dinamiche di due ventenni diversi dalla massa e che indugia sulle difficoltà che la loro diversità porta con sé. Il messaggio di fondo – non troppo criptico, a dire il vero – è proprio legato alla necessità di non arrendersi, né quando si tratta di portare avanti le proprie idee (Angelo) né quando si tratta di reagire a una vita che riserva solo delusioni (Eleonora). Una lettura veloce e piacevole che tuttavia accende qualche riflessione nel lettore e riesce, nel finale, a strappare una mezza lacrima.

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