sabato 10 maggio 2014

Il romanzo della consacrazione

Mi piace pensare alla scrittura come a un viaggio non solo per quanto riguarda l'esperienza dei singoli romanzi, ma anche per il percorso che dall'ambizioso quattordicenne "manierista" mi ha condotto fino ad oggi. Così, pensando ai miei libri, potrei affermare che "Paura Paranoia Pazzia" è stato quello della speranza, "M@rcello" quello della tenacia, "L'eredità" quello della svolta e "Alethya", nel suo complesso, quello della crescita.

In questo percorso devo inserire anche il mio progetto attuale, l'ormai ampiamente anticipato "L'evoluzione della specie" (titolo sempre provvisorio) che, se mai verrà pubblicato, sarà comunque materiale per il 2016. Ebbene, prima ancora di approcciarmi alla stesura della prima versione del romanzo, che attualmente è circa a metà, mi ero detto che questo avrebbe dovuto essere il romanzo della consacrazione, almeno a livello personale. 

In altre parole, l'ambizione di questo libro è quella di confermare a me stesso che sì, posso scrivere un libro "da adulti". Un libro che non riproponga le evidenti note autobiografiche di "M@rcello" (frutto del concetto scrivi-di-ciò-che-conosci), che eviti la pesantezza stilistica evidenziata ne "L'eredità" e che sappia risultare avvincente e complesso come la trilogia di "Alethya", ma senza la necessità di uscire dal nostro mondo. Un libro, inoltre, da poter presentare senza vergogna anche ad un'agenzia letteraria per rimettere alla prova il mio effettivo valore, anche con editori diversi da Zerounoundici.

Non ero mai partito con simili progetti prima di scrivere un romanzo. Di solito, l'obiettivo era arrivare alla fine chiudendo il cerchio della trama. La concentrazione era tutta sul singolo capitolo, sul singolo paragrafo a cui mi stavo dedicando, e le idee venivano via via che procedevo e una dopo l'altra andavano ad aggiungere tasselli a una storia che solo in ultima analisi veniva ricondotta all'unità formale e contenutistica. La meta finale era nota, ma il percorso che vi conduceva era disseminato di bivi sui quali decidevo all'istante.

Ne "L'evoluzione della specie" molte cose sono cambiate. Forse la causa è da ricercare nell'esperienza che ho accumulato in questi tre o quattro anni da scrittore emergente (sommerso), forse nella complessità del genere e di alcuni temi trattati, forse, come dicevo, nella necessità di dimostrare a me stesso che questo romanzo sia superiore ai precedenti. In ogni caso, quello a cui mi trovo di fronte è qualcosa di nuovo, qualcosa di intenso, ma anche qualcosa capace di logorarmi nel profondo.

Ho scritto il prologo sull'onda di un grande entusiasmo iniziale, ma a differenza del passato non avevo idea del finale. Quel che mi passava per la testa aveva a che fare con alcuni riferimenti storici, con diverse location nel mondo e con una struttura fortemente alternata a livello sia temporale che di protagonisti delle vicende. E ovviamente sapevo e mi ripetevo che avrei dovuto attirare l'attenzione, creare interesse, chiudere ogni capitolo con un invito a leggere il successivo. 

Le pagine sono arrivate, una dopo l'altra, fino ad un centinaio, ed è stato solo allora che anziché andare avanti, come facevo di solito, mi sono fermato a controllare che quanto prodotto fosse in linea coi miei progetti. Il riscontro è stato assolutamente negativo: la storia c'era, ma mi appariva asettica, troppo lineare, povera di dettagli, con personaggi appena delineati. Così, invece di pensare agli sviluppi e di arrivare in fondo, per occuparmi della revisione solo in un secondo momento, ho riscritto buona parte di quelle cento pagine, arricchendole. 

Il risultato finale era accettabile e la stesura è proseguita con un'altra cinquantina di pagine, finché una notte - sì, proprio in piena notte, dopo essere stato svegliato da un violento mal di pancia - la mia mente è tornata a pensare al romanzo, alla storia nel suo insieme, e un pesante manto di disperazione mi è caduto addosso. Complice forse il mio malessere fisico o l'ora tarda, non solo il romanzo è tornato a mostrarsi come non all'altezza delle mie aspettative, ma anche la stessa idea di fondo è apparsa insufficiente, inadatta a qualunque rielaborazione. Per qualche giorno, in seguito, sono stato seriamente sul punto di abbandonare tutto e sì, ho persino pensato che l'incapacità di realizzare il "romanzo della consacrazione" fosse il primo sintomo del declino, l'inizio della fine del mio breve sogno di scrittore emergente (sommerso).

Poi, proprio all'inizio di questa settimana, in un momento comune in cui giocavo con mia figlia, un'idea mi ha colto con la piacevole violenza con cui vengo invaso dalle immagini e dall'ispirazione. Solo che in questo caso non si è trattato di idee per far procedere il romanzo, ma di un nuovo approccio che avrei dovuto adottare nei confronti del protagonista de "L'evoluzione della specie". Miracolosamente, questa idea ha portato con sé la promessa di una nuova chiave di lettura dell'intera storia, capace di ridarle vigore e di fare da traino per la scrittura di quanto mi separa dal finale. 

Questo post può sembrare lungo e poco utile, diverso da quelli più teorici che pubblico di solito, ma ritengo che anche le piccole difficoltà che incontro possano parlare di me e di ciò che scrivo. "L'evoluzione della specie" forse non sarà il romanzo che ho sognato all'inizio, o forse sarà bello oltre le mie aspettative; ma ho capito che non è questo che conta. Ho capito che la sua importanza sta nella forte tendenza autocritica che ha acceso in me, insegnandomi che scrivere, in futuro, sarà sempre meno un passatempo e sempre più un sacrificio. Il sacrificio, ad esempio, di rivedere e correggere profondamente per la terza volta le oltre cento pagine già scritte, di fare l'una di notte per realizzare poco più di una paginetta, di impazzire facendo ricerche geografiche o storiche anche solo per un semplice riferimento nel dialogo tra due protagonisti. 

D'altronde, quando raggiungiamo la maturità siamo costretti, spesso nostro malgrado, a rifiutare e rifuggire certi istinti bambineschi o adolescenziali per passare al mondo degli adulti. Allo stesso modo, se davvero desidero salire di livello devo mettere da parte l'entusiasmo delle prime prove editoriali e diventare un severo censore e controllore di me stesso. Mi auguro solo che la passione che provo per la scrittura mi aiuti a trovare la pazienza, la costanza e l'abnegazione che saranno sempre più indispensabili.