domenica 26 ottobre 2014

Riflessioni pre- e post-presentazione de "Il Segreto di Malun"

TUTTO È EVENTO

Quest’anno vorrei cominciare la presentazione in modo anomalo: dai ringraziamenti. Il ringraziamento va a voi, qui presenti, ed è un ringraziamento di cuore e che deriva da una riflessione che ho fatto qualche settimana fa. Perché vedete, tutto, al giorno d’oggi, è spettacolo. Tutto è evento. Tutti abbiamo qualcosa che ci appassiona e che, prima o poi, vogliamo mostrare, esibire, condividere. Vendere, anche.

È questo un fenomeno accentuato dall’avvento di internet e dalla diffusione dei social network, Facebook in particolare, che è il maggiore e quello che non a caso io stesso ho usato per invitarvi (forse con una leggera insistenza negli ultimi giorni, motivo per cui chiedo scusa…) Ecco, io, ad esempio, ho due-trecento amici su Facebook. Conosco gente che ne ha cinquecento, mille, anche di più (io sono socialmente poco “conosciuto”), quindi il discorso che andrò a fare sarà moltiplicato nel loro caso. Ebbene, tra gli amici ho altri scrittori emergenti come me, ma ho anche ballerini, cantanti, musicisti, attori, fotografi, truccatrici, modelle, sportivi, politici. E tutti, prima o poi, arrivano ad avere un evento da condividere e a cui mi invitano. Così, nel mio piccolo, ricevo due, tre, cinque inviti ogni settimana.

Non sto criticando questa pratica, anzi, e più avanti lo spiegherò meglio. Sto semplicemente registrando un dato di fatto. E lo sto usando per porvi i miei ringraziamenti. Perché sono certo che oggi ognuno di voi avrebbe potuto dedicare questa ora o poco più a mille altre attività, avrebbe potuto rispondere all’invito di altri amici. Invece avete scelto di venire da me, di vivere assieme a me l’ennesima piccola grande soddisfazione in questo percorso che, da quattro anni ormai, mi vede giocare a fare lo scrittore. Voi, come dico sempre, siete la vera ricompensa al mio lavoro. E ancora una volta voglio darvene atto, prima di cominciare a parlare di tutto il resto. 

Voi siete l’unica cosa che davvero conta!



UNA CONFESSIONE 

Dal momento che ho iniziato dai ringraziamenti, vorrei concludere con la prefazione. Proprio nella prefazione a “Il segreto di Malun”, infatti, faccio una confessione, sia a chi vorrà leggere il libro che a me stesso. La prefazione è stata scritta circa un mese prima della pubblicazione, prima di mandare la versione definitiva all’editore. E per la prima volta, senza pensarci, scrivendo ho ammesso a me stesso che la mia vena creativa aveva subito un forte rallentamento, diciamo pure uno stop.

A dicembre 2013 ho finito l’esperienza di Alethya, avendo concluso la scrittura del terzo volume. A gennaio mi sono dedicato ad un racconto lungo, che mi ha riportato alle mie origini thriller/horror e che ritengo un buon lavoro da poter pubblicare, un giorno. Poi mi sono buttato a capo chino sul nuovo romanzo, un thriller molto particolare che, all’inizio, mi ha assorbito e del quale ho scritto oltre cento pagine in due mesi. Ma è successo qualcosa. Notavo che la voglia di scrivere era sempre meno e che anche la qualità della scrittura stava calando. Inizialmente davo la colpa al cambio di genere e di stile, poi ho pensato che una certa influenza fosse giocata dal nuovo lavoro e dal conseguente cambio di ritmi e abitudini. Fatto sta che per tutta l’estate non ho praticamente scritto nulla, ma è stato proprio con la prefazione al nuovo libro che ho messo questo problema nero su bianco, anche con me stesso.

Una settimana dopo aver scritto quelle parole mi sono arrivati i volumi stampati del romanzo ed è scattata una molla, una scintilla, la stessa che si accende ogni volta che vedo il frutto del mio lavoro tradotto in un libro vero e proprio. Così mi sono detto che non potevo lasciare che la passione scivolasse via da me… e una sera, anziché stare davanti alla TV, mi sono letteralmente imposto di sedermi davanti al computer e scrivere. Sono rimasto lì un’oretta e ho scritto una sola pagina ed era orribile: ma avevo ricominciato. La sera dopo mi sono obbligato a ripetere l’esperienza e così le sere dopo ancora. Oggi, a due settimane di distanza, posso affermare ufficialmente che ho ripreso a scrivere a pieno regime, che il romanzo nuovo avrà una sua conclusione e che non ho mollato!

E ho fatto una nuova riflessione. Per il 90% del nostro tempo noi ci sacrifichiamo, mettiamo la nostra energia e il nostro impegno per fare qualcosa che siamo costretti a fare: il lavoro. Perché non dovremmo fare gli stessi sacrifici per qualcosa in cui crediamo, che ci appassiona? Allora, ricollegandomi a quanto dicevo all’inizio, ben venga che tutti abbiamo una passione da condividere, perché vuol dire che non lasciamo che il lavoro ci sottragga la voglia di impegnare il tempo libero che ci resta con qualcosa di produttivo! 


Ci lamentiamo spesso della crisi culturale del nostro paese e anche della nostra nazione in generale. È giusto aspettarsi che le istituzioni facciano la loro parte, ma sono anche convinto che se ognuno di noi, nel suo piccolo, continua a coltivare le proprie passioni e a renderle disponibili alla comunità, alla fine il sottobosco culturale continuerà a brulicare e a crescere. Io faccio la mia parte con i miei libri, altri con la musica, la danza, i lavoretti fai da te e quant’altro. Questo è il messaggio che vorrei lasciare oggi: non è importante che io scriva e venda i miei libri; è importante che io, come ognuno di voi, scelga di rendere la mia vita più interessante e aggiunga così valore al mondo in cui viviamo!

sabato 18 ottobre 2014

RECENSIONE: "Eros e Tano", di Mario Magro


TITOLO: Eros e Tano
AUTORE: Mario Magro
EDITORE: 0111 Edizioni
LINK ACQUISTO: Amazon

LA MIA RECENSIONE

Eros e Tano è un breve racconto tra l'ironico e il surreale, ma che per certi versi viene descritto meglio dall'aggettivo geniale. Parla, riassumendo, dell'insolita patologia di Tano, il protagonista, il quale soffre di morti apparenti ogniqualvolta si conceda ai piaceri di un rapporto sessuale. Per sua sfortuna è una preda ambita dalle donne, pertanto nel corso del racconto assistiamo frequentemente al manifestarsi del suo problema. C'è dell'altro, che non svelo per non togliere tutto il piacere della lettura, che ha a che fare con ciò che Tano sperimenta nel corso dei suoi momenti di "morte".

Geniale, dicevo, perché dare vita a una storia del genere non è da tutti. Mi piacerebbe poter chiedere all'autore se abbia fatto prima ricerche sull'esistenza di una malattia simile a quella del suo protagonista, anche se non legata al sesso, o se l'abbia inventata di sana pianta. In ogni caso, tanto di cappello: per aver interpretato in chiave romanzesca e appena piccante una reale patologia, o per aver dato credibilità a qualcosa che rischiava di apparire come assurdo e minare le intere basi della storia.

Geniale anche perché si tratta una storia dal taglio fortemente ironico con uno stile attento, grammaticalmente impeccabile, calibrato alla perfezione sotto tutti gli aspetti: ritmo, costruzione del periodo, lunghezza dei capitoli, cinismo narrativo. Ho apprezzato moltissimo anche la capacità dell'autore di attirare l'attenzione del lettore, sin dalla primissima riga del racconto, di soddisfarla presentando un contesto insolito quanto quello che ho esposto sopra e di non lasciare che la ripetitività spegnesse la godibilità della storia. Perché, come dicevo prima, presto scopriamo che il problema di Tano può trasformarsi in un'opportunità, e in questo senso si dirige l'epilogo del racconto.

Unica pecca, se posso definirla tale, è proprio l'eccessiva rapidità con cui si passa dalla scoperta delle potenzialità della malattia di Tano, alla loro applicazione. Penso che l'autore avrebbe saputo deliziarci e divertirci con la narrazione delle sue "gesta" ancora per qualche pagina!

venerdì 10 ottobre 2014

RECENSIONE: "Con la mia valigia gialla", di Stefania Bergo



TITOLO: Con la mia valigia gialla
AUTORE: Stefania Bergo
EDITORE: 0111 Edizioni
LINK ACQUISTO: IBS

LA MIA RECENSIONE


Nel mio personale percorso alla scoperta dei colleghi emergenti/sommersi, e in particolare nella deviazione che mi ha condotto verso i fratelli di editore alla 0111 Edizioni, mi sono piacevolmente imbattuto in questo libro. Al solito, non mi piace raccontare troppo della trama: basti sapere, in breve, che si tratta del resoconto di tre settimane che l'autrice/narratrice ha trascorso in Africa, come volontaria in un ospedale di Matiri, in Kenya.

Non si può parlare di romanzo, dunque. Ma non vorrei trarre in inganno gli eventuali lettori di questa recensione, così come è successo a me dopo le prime pagine: non si tratta di un mero diario. Ci sono gli elementi del "diario di bordo", è vero, ma con un'impostazione che ne previene la freddezza e il distacco e che in più di un'occasione è capace di invogliare la lettura, proprio come accadrebbe con un'opera di fiction.

Lo stile dell'autrice è fresco e veloce, la narrazione è incalzante come solo l'uso del tempo presente riesce a garantire. Il testo è tutta storia, senza fronzoli, con una fortissima componente descrittiva. L'ambiente africano e la sua gente vengono dipinti con tratti rapidi che però, nel loro insieme, rendono un'immagine completa, viva, definita. Anche gli elenchi che di tanto in tanto compaiono nel testo - ne ricordo ora uno che ha a che fare col cibo - non appesantiscono la lettura, allo stesso modo in cui piccoli dettagli su un dipinto lo arricchiscono e lo rendono più vero.

Il tema fondamentale del testo è, come prevedibile, l'amore per l'Africa, per un mondo nuovo che l'autrice scopre giorno dopo giorno e che, di rimando, la aiuta a scoprire e conoscere meglio se stessa. La semplicità delle persone, le loro difficoltà, il loro continuo vivere a cavallo tra la vita e la morte - le vicende ruotano intorno a un ospedale e in particolare al reparto di pediatria - ma anche l'amicizia che nasce con altri volontari, regalano all'autrice una prospettiva nuova, un diverso punto di vista. Così come, nelle notti africane, Stefania rimane a bocca aperta nell'ammirare un cielo stellato come non ne ha mai visti in Italia, allo stesso modo l'esperienza di Matiri sembra mostrarle la vita come qualcosa di nuovo e meraviglioso.

Il finale è un "non finale". Il viaggio dell'autrice finisce, ma il suo saluto all'Africa è solo un arrivederci. La nostalgia che sembrava prendere piede nelle ultime ore della sua permanenza viene immediatamente cancellata dall'intervento con cui Stefania precisa di aver dato più di un seguito alla sua esperienza, e in questo modo si chiude il libro colmi di sensazioni positive.

Due particolari che ho apprezzato molto sono l'inserimento di SMS alla fine di alcuni capitoli, che probabilmente sono trascrizioni di veri messaggi inviati all'epoca del viaggio e che fanno da sintesi a quanto raccontato nel libro, e il passo in cui l'autrice abbandona Matiri per raggiungere l'aeroporto, nel quale sembra di leggere un moderno, intenso "Addio ai monti" di manzoniana memoria, in declinazione africana.


Per concludere, il libro mi ha lasciato decisamente soddisfatto, pur essendo molto diverso da ciò che leggo di solito. Per una volta, però, mettere da parte l'intrattenimento di un classico romanzo e leggere qualcosa di vero e intenso, oltre che leggero e ben scritto, non mi ha fatto male. E non ne farà neanche a voi.

venerdì 3 ottobre 2014

RECENSIONE: "Alla fine dei Sogni", di Stefania Trapani



TITOLO: Alla fine dei sogni
AUTORE: Stefania Trapani
EDITORE: 0111 Edizioni
LINK ACQUISTO: IBS

LA MIA RECENSIONE:


Ho dovuto riflettere un po' prima di dedicarmi alla sua recensione. Per il semplice fatto che Alla fine dei sogni è uno di quei libri che non si prestano a una fredda analisi, come si farebbe con un romanzo di pura "fiction", ma la cui interpretazione è legata a doppia mandata alle motivazioni che hanno spinto l'autrice a scriverlo. Io queste motivazioni non le conoscevo, ma la lettura di qualche altra recensione al romanzo mi ha permesso di farmi un'idea abbastanza chiara e di approcciarmi nel modo corretto alla valutazione del libro.

Il succo della vicenda è tutto nella quarta di copertina: la storia ruota intorno alle figure di Silvia e Michela, amiche per la pelle e vittime del destino. La prima per una indesiderata gravidanza alla quale vuole rimediare con un immediato aborto, la seconda per l'evoluzione tragica di un tumore al seno che ha sviluppato metastasi cerebrali incurabili. Destini diversi e a loro modo contrapposti - la certezza della morte per Michela trova il suo contrappunto nella nuova vita che prende forma in Silvia, seppure contro la sua volontà - ma che sconvolgono in egual modo la vita delle protagoniste.

La prima parte del romanzo, per quanto riguarda la trama, è tutta qui. Da metà in poi viene introdotto un elemento di svolta che, senza entrare nei particolari, da una lato accende nel lettore la speranza di un lieto fine, dall'altro dà inizio a una serie di eventi a cascata che condurranno fino al destabilizzante finale.

A una lettura fredda e distaccata, come dicevo, il romanzo apparirebbe una storia semplice, per certi versi stereotipata, in alcuni casi prevedibile. Le descrizioni non sono particolarmente dettagliate, i personaggi sono appena abbozzati, così come la loro storia personale che non viene approfondita se non per i dettagli strettamente inerenti alle vicende narrate. L'intera storia è raccontata in modo rapido, con un ritmo sicuramente incalzante che facilita la lettura, ma che in alcuni casi riassume in maniera esagerata avvenimenti che magari avrebbero richiesto uno spazio più ampio.

Eppure, dopo aver voltato l'ultima pagina ed essermi informato su internet, ho capito che il senso del romanzo era un altro, che l'intenzione dell'autrice non era quella di intrattenere, di dare al lettore una storia con cui trascorrere qualche ora piacevole. Il romanzo, a mio modesto parere, è invece una sorta di strumento con cui Stefania Trapani ha cercato di esorcizzare qualche tragica esperienza personale, rielaborandola in chiave romanzata (seppure con una forte componente autobiografica, riconoscibile anche se non conosco personalmente l'autrice). Sotto questa luce, la velocità di alcune scene, la centralità della figura delle protagoniste, dei loro dialoghi, la rapidità con cui gli eventi precipitano, tutto assume un significato diverso e coerente. Le stesse imperfezioni stilistiche, come l'onniscienza del narratore che va e viene, lo spuntare di qualche giudizio personale dell'autrice e il salto frequente di punto di vista perdono importanza di fronte al flusso emotivo che si agita tra le righe.

Alla fine dei sogni, per come l'ho interpretato io, è un romanzo catartico. Un romanzo che lancia un messaggio di positività e di speranza nonostante i temi tragici che tratta e che trasuda emotività, che ferisce pagina dopo pagina con il dolore dell'autrice e che nello stesso tempo, nel finale, ci esorta a non arrenderci alle difficoltà della vita.