mercoledì 17 dicembre 2014

Nemo Scriptor in Patria

Se mi concedete il paragone poco culturale (d’altronde, dovreste conoscermi), nell’ultimo film di Checco Zalone, “Sole a catinelle”, il protagonista viene assunto come venditore porta a porta di aspirapolvere e, nel giro di poco tempo, riesce a diventare venditore dell’anno. Il tutto grazie alle vendite concluse con i suoi parenti (al punto che, saturato quel mercato, il suo rendimento cala fino a farlo licenziare, ma questo è superfluo per il post attuale).

Il concetto può essere trasferito nella mia esperienza, e più in generale in quella degli scrittori emergenti (sommersi) e di tutti gli aspiranti artisti. Perché, quando produci qualcosa (un libro, un CD, un quadro, una serie di fotografie) e non sei nessuno, la prima cosa che ti viene in mente è che la tua nutrita schiera di amici, conoscenti, parenti di vario grado sarà il pubblico certo di cui hai bisogno per il lancio iniziale. Da loro partirà poi un passaparola dal devastante effetto cascata, perché se ogni persona a te vicina parlerà di te e della tua creazione anche a un solo conoscente tu raddoppierai il tuo pubblico. Senza contare che, soprattutto nei piccoli paesi, la voce della nascita di una nuova, potenziale stella si spargerà rapidamente e attrarrà decine di curiosi...

Beh, sapete?, in questa onirica prospettiva io mi sono fermato, sin dal primo libro (che è stato quello di maggior successo, pur con tutti i suoi difetti), al primo passaggio: amici e parenti. Il passaparola non è esistito e quel poco che c’è stato l’ho favorito io stesso con post su Facebook al limite dello spam. L’effetto sorpresa-nel-piccolo-paese non l’ho percepito nemmeno per un secondo, se non per un trafiletto sul giornale locale. Non solo, ma con la pubblicazione del secondo e terzo romanzo ho assistito a un calo assoluto dell’interesse (non parlo solo di vendite, ovviamente, ma di partecipazione), per cui sembra che io abbia molti meno amici e molti meno parenti...

Qual è la causa di questo? Non posso esimermi dal pormi questa domanda: la risposta ad essa, infatti, è legata a doppio filo alla continuazione del mio impegno letterario. A che pro sacrificare tempo, denaro, aspettative, se il riscontro tende inevitabilmente a zero? Forse dovrei modificare la rotta e, pur non abbandonando la mia passione ed il mio sogno, per motivi che ho già elencato più e più volte, dovrei limitarmi a tenerla per me stesso, o a non divulgarla fino al giorno, se mai esisterà, in cui troverò un editore capace di darmi maggiore visibilità.

Qual è la causa?, dicevo. A volte ho pensato che si trattasse di me, ma in tutti gli altri ambiti della mia vita godo di ottime relazioni e di una buona reputazione tra la gente, quindi lo escluderei. Potrebbe trattarsi della mia scrittura, e ci sta. Potrebbe trattarsi della assuefazione: il primo romanzo rappresentava la novità, ma ora uno all’anno diventa routinario e poco attraente.

Oppure, ed è quello che reputo più probabile e che in parte riassume le tre precedenti possibilità, si tratta dell’idea per cui, parafrasando un noto detto, Nemo Scriptor in Patria. La frase è nata una sera in cui assistevo, a Viadana, alla presentazione del libro di una ragazza di Mantova, scrittrice emergente anche lei, che parlava davanti a quasi cento persone. La settimana prima, in quella stessa sala, io avevo parlato a forse una ventina e la settimana prima ancora un’altra collega viadanese aveva avuto la mia stessa sorte.

In breve, penso che sia difficile, per chi ti conosce, credere che tu possa avere un valore artistico, a meno che questo non sia suggellato da un riconoscimento, una menzione, una citazione a livello superiore (stampa, pubblicità, televisione). Tanto più se la tua arte è di difficile e lenta fruizione, come nel caso della scrittura. Non si tratta di un giudizio sulla persona, ma sul suo lato artistico: non temo che la gente a me vicina mi trovi poco interessante, ma che non ritenga di dover impegnare un paio d’ore ed eventualmente dieci euro per qualcosa che ho scritto. Magari in quelle due ore sfoglia altri libri in libreria e compra quello di uno sconosciuto, ma pubblicato da Mondadori e ben impilato vicino alla cassa.

Io sono diverso dalle persone di cui sto parlando? Probabilmente, anzi sicuramente no. Siamo tutti uguali. Tant’è che non sto esprimendo critiche, ma riportando valutazioni e riflessioni che spero possano migliorare il mio modo di pormi, in primis, e delineare il percorso che dovrò seguire nei prossimi anni.

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