lunedì 22 dicembre 2014

Sul sonno e su una vita più felice

Lo scorso sabato mattina mi è suonata la sveglia alle sette, come quando vado al lavoro, per portare mio figlio a scuola. Quel giorno toccava a mia moglie accompagnarlo, quindi, dopo averlo salutato, ho ripreso a dormire fino alle nove. Il giorno dopo eravamo tutti a casa, nessuna sveglia ci ha disturbato e mi sono svegliato sempre intorno alle nove. A parità di orario di risveglio, però, domenica mi sentivo meno riposato e, in generale, meno soddisfatto. Perché?

L’unica differenza tra le due mattine era, ovviamente, la breve interruzione della sveglia. Che cosa, dunque, poteva aver agito sul mio umore e sul mio fisico nei pochi minuti in cui mio figlio e mia moglie si alzavano per andare a scuola? L’episodio era analogo a quelle occasioni in cui ci si sveglia per caso nel cuore della notte e, consultato l’orario, si scopre di avere ancora a disposizione qualche ora di sonno. In effetti, la sensazione che si prova nell’istante in cui questa consapevolezza si palesa è rinvigorente, appagante, corroborante, quasi più del sonno in sé.

Non c’è alcun dubbio, dunque, che riposare a lungo dia meno soddisfazione del riposare rendendosi conto di farlo. E solo la paura di doversi alzare, seguita dalla scoperta di poter rimandare, porta a questa presa di coscienza. In altre parole, il raggiungimento di uno stato gioioso comporta il passaggio per il malessere, il disappunto, che sono il suo esatto opposto. In tutto questo io vedo la metafora e la sintesi di una vita davvero piena e felice.

Troppo spesso ci lamentiamo di ciò che di brutto ci accade. Abbiamo da ridire sulle disavventure, sulle tragedie, sulle prove che la vita ci sottopone, sulla monotonia e sulla noia di certi periodi, sulla mancata realizzazione dei nostri progetti, sulle persone che la pensano diversamente da noi. Ma come sarebbe la nostra vita senza questi termini di confronto negativi, senza queste “sveglie” che interrompono momentaneamente il nostro sonno?

Ipotizziamo di vivere un’esistenza senza alti e bassi, sempre al top, circondati da persone che la pensano come noi e contribuiscono solo al nostro benessere. Ci verrebbe da pensare che saremmo sempre perfettamente felici, ma ciò non equivale a dire che non lo saremmo mai? Che cosa ci darebbe il punto di riferimento, il livello zero per impostare il metro di giudizio? Seguendo la metafora iniziale, che cosa ci informerebbe, se mancasse la fastidiosa sveglia, che stiamo dormendo beatamente?

Per quanto mi riguarda, ho imparato anni fa, quando in qualche modo ho voluto voltare pagina rispetto al pessimismo che ha caratterizzato la mia adolescenza, a prendere i problemi e gli episodi negativi come opportunità. Ne ho tratto sicurezza e gioia di vivere e queste mi hanno portato profonde soddisfazioni. Ma la strada è sempre lunga e costellata di ostacoli e le esperienze ci arricchiscono e plasmano di continuo, perciò ben vengano riconferme come quella che, dal nulla, è emersa grazie al semplice suono di una sveglia!

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